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Archive for November, 2007

Felice Pedroni, fondatore di Fairbanks, Alaska! (4 Comments)
Felice Pedroni aka Felix Pedro

A pochi giorni dal mio arrivo in Alaska, l’ultima frontiera, facendo un pò di ricerche trovo questo straordinario documento sul sito web del Comune di Fanano, Modena e su Wikipedia.

Felix Pedro e l’oro dell’Alaska

La storia più recente del paese di Fanano non può essere raccontata senza porre nella dovuta luce la figura di Felice Pedroni.
Nacque nel 1858, ultimo di sei fratelli, nella località le Teggie – Casa Biagio nella frazione di Trignano, da genitori contadini come tanti all’epoca; rimasto orfano di padre giovanissimo, la vita dura che lo aspettava e la miseria della famiglia lo spinsero, come tanti connazionali, ad emigrare all’estero dapprima in Francia nel 1881, poi negli Stati Uniti nel 1883.
All’interno degli Stati Uniti Felice Pedroni, diventato Felix Pedro, si spostò spesso toccando gli Stati di Illinois, Colorado, Utah, Oregon, Washington, sempre all’inseguimento di occasioni lavorative migliori.
Fece il bracciante, il minatore nelle miniere di carbone… ma presto si fece trascinare da quella che per alcuni fu davvero una malattia: la febbre dell’oro.
Questa lo portò inizialmente in Canada, tra il 1892 ed il 1893 e poi in Alaska nel 1894. Nello Yukon si fermò a lungo, potè conoscere le popolazioni locali ed ebbe modo di innamorarsi delle zone impervie del centro, la regione del fiume Tanana.
Le sua vicende si fanno via via più avventurose a testimonianza di una volontà di riuscire sostenuta da una caparbietà non comune che lo aiutò a sopravvivere anche nelle occasioni disperate.
Il premio per le sue fatiche arrivò il 22 luglio 1902 con la scoperta dell’oro nel fondo del torrente che ora si chiama Pedro Creek.
Pedroni riuscì ad ottenere la concessione statale per l’estrazione e divenne nel giro di pochi mesi il presidente del nuovo Distretto minerario di Fairbanks fondato l’8 settembre 1902 proprio nella sua baracca.
La ricerca dell’oro diede buoni frutti e, presto, nella zona sorse un’agglomerato di abitazioni che sarebbe stato il primo nucleo della attuale città di Fairbanks.
Felice tornò in Italia nel 1909 per sposarsi, ma la ragazza che desiderava non acconsentì; tornato in Alaska sposò l’irlandese Mary Ellen Doran, donna di dubbia moralità e scarsissimi scrupoli.
Poco dopo, per cause mai chiarite, perse la concessione della miniera e quindi ogni sua ricchezza, ritrovandosi più povero di quanto fosse all’arrivo in Alaska.
Morì nel 1910 all’età di 52 anni, in circostanze non chiare.
La salma di Felice Pedroni, ritrovata dopo 70 anni, riposa ora nel Cimitero di Fanano dove è stata traslata il 12 ottobre 1972; queste le parole incise sulla lapide “Il giorno 12/10/72 Felice Pedroni ha rivisto la sua terra. Il suo intuito, il suo coraggio, la sua tenacia hanno dato la ricchezza e la città di Fairbanks allo stato di Alaska”.
La città di Fairbanks, seconda città dell’Alaska dopo Anchorage, ogni anno ricorda Felix Pedro, suo fondatore, nelle cerimonie dei Golden Days.
Il Comune di Fanano, gemellato con la città di Fairbanks dal 2002, sostiene numerosi scambi culturali tra i due territori che hanno dato sinora origine a diversi eventi, tra cui uno specifico convegno sull’emigrazione organizzato a Fanano nel 2003 che ha visto la partecipazione di numerosi ospiti provenienti da Fairbanks in rappresentanza della amministrazione cittadina e del mondo dell’arte, della storia e della musica.
La figura di Felice Pedroni, emigrante fananese, è simbolo dell’emigrazione che fu fenomeno imponente in tutto l’Appennino nel XX secolo poiché è rappresentativa di un destino, spesso crudele, che i nostri avi hanno dovuto affrontare, per poter sopravvivere; a livello antropologico, è qualcosa che va al di là della stessa vicenda particolare di cercatore dell’oro:

in un mondo moderno che ha perduto gli spazi ignoti, e dove tutto può ormai essere raggiunto, egli incarna soprattutto l’archetipo, remotissimo, dell’uomo che cammina, del viaggiatore che conserva e riunisce lo spazio.

A Trignano, nella valle di castagni che scende a Rocca Corneta, il torrente che resta ghiacciato per tutto l’inverno può continuare a suggerire una storia che ciascuno è in grado di vivere in se stesso. La vita di questo Fananese sembra dirci soprattutto questo: che i passi di ogni individuo ripetono in fondo i destini delle grandi migrazioni, e che esistono piste praticabili, proprio vicino a noi, che è ancora possibile seguire. Come a dire che qualcosa dell’Alaska ha sempre vissuto, da molto tempo prima del 1902, nell’Appennino modenese, e che l’essenza del viaggio non ha a che fare con vite di uomini particolari.

Un italiano nato più di 150 anni fa, che parte dall’appennino modenese, e trova l’oro in Alaska, fondando la città di Fairbanks. Un modello da seguire. Sono partito dall’appennino anche io…

Leggete la storia di Felice Pedroni su Wikipedia.

E’ stato appena pubblicato un libro sulla sua vita, “Alla fine dell’arcobaleno. La storia di Felice Pedroni da Fanano all’Alaska”, di Turchi Massimo, Prospettiva Editrice, Civitavecchia (Roma), 2007.

Il Lazio e Los Angeles & Latium (Italy) (3 Comments)
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Era da tempo che avevo in mente un confronto del genere e oggi grazie a Google Earth e al web è possibile in una manciata di clicks.
Ecco a voi il Lazio, fotografato su Google Earth in scala 1:36, e la città di Los Angeles in California, anch’essa in scala 1:36.
Sovrapponendo Hollywood al centro di Roma, il parco Disneyland, che è a Anaheim, è come se si trovasse a Lanuvio o Velletri, mentre Santa Clarita, sarebbe più o meno dalle parti di Civita Castellana; analogamente Nettuno è più o meno dalle parti di Costa Mesa e Palombara Sabina, dalle parti di Pasadena…
Le localita Laziali toccano quasi tutte le provincie del Lazio, mentre per quanto riguarda quelle californiane…sono tutte dentro la città di Los Angeles!!

Rivers Fiji, Rafting (2 Comments)

Rafting alle Fiji, a Viti Levu, col fiato sospeso (-:D

Sull’Upper Navua River, magnifico scenario per un’avventura degna di nota. Per chi non riesce a rosolarsi al sole come un gecko tutto il giorno e ha bisogno d’adrenalina e bellezza!

Thanks to Rivers Fiji staff, Moses you rock bro!

Antonio Frias, Photographer (3 Comments)
Photo by Antonio Frias, Ensenada, Mexico

This magnificent picture was taken by Antonio Frias, a professional photographer from the Tijuana area, Mexico. I met him on the Yasawa flyer, the boat that cruises around the Yasawa Islands, in Fiji. A stroke of luck, I wanted to visit Tijuana, and he’s right from there and willing to host me for a couple of days!

Questa foto stupenda è stata scattata alle Fiji da Antonio Frias, un fotografo professionista di Tijuana, Mexico. Ci siamo conosciuti sullo Yasawa Flyer, il battello che ti porta in tutti i resorts delle isole Yasawa alle Fiji. Un colpo di fortuna, volevo visitare Tijuana durante questo viaggio e lui mi ospita per un paio di giorni, essendo proprio di Tijuana!

Thanks Antonio, and congratuations.

Comunque è stato ucciso dal calcio (2 Comments)

di VITTORIO ZUCCONI

ORA giratela come vi pare, ma il fatto rimane. Gabriele Sandri è stato ucciso dal calcio, da questa “cosa” deforme e mostruosa che in Italia ha perduto da anni ogni senso, ammazzato anche lui da questo cancro che anno dopo anno, scandalo dopo scandalo, cerotto dopo cerotto, chiacchiera dopo chiacchiera continua a metastatizzare e pretendere, come una divinità pagana, sacrifici umani per sentirsi importante.

Le circostanze nelle quali le vittime del calcio muoiono, e dunque le responsabilità penali, possono essere apparentemente diverse, lo spettatore stroncato da un razzo, un commissario di PS caduto in un sabba di fiamme e di botte, un giovane di 28 anni raggiunto dal proiettile vagante di un agente di polizia, un tifoso abbattuto a coltellate dal tifoso di una squadra avversaria e l’unico esorcismo che il mondo del pallone sa pronunciare è ripetere la giaculatoria del “quelli non sono tifosi”.

Sono tifosi, invece, tifosissimi, che comperano i biglietti, gli abbonamenti, i viaggi organizzati, il costoso ciarpame di magliette e souvenir. Oppure, e la formuletta è ancora più disgustosa, ce la caviamo dicendo che “sono minoranze”, come se non fossero sempre le “minoranze” a condizionare la storia di tutti, come se non minoranze anche i mussulmani che si imbottiscono di tritolo, i rumeni che violentano, gli italiani mafiosi o non fossero stati una minoranza i tedeschi che indossavano la testa di morto delle SS. Dire che chi fa il male è una minoranza è una ovvietà sociologica e morale cretina che giustifica tutto e non spiega niente.

Le “minoranze” esistono perché le “maggioranze” le producono, o le tollerano o addirittura le proteggono oggettivamente e se il mondo del calcio, dai dirigenti agli appassionati, dai giornali alle televisioni, continua ad accettare di fatto che puntualmente ci scappi il morto, o esplodano bombe nelle sedi ufficiali, o gruppi di fanatici scatenino scene di guerriglia, non sarà sospendendo qualche partita per lutto, o per prudenza, o cambiando classifiche con penalità o promozioni o salvatggio stabiliti secondo criteri inspiegabili, soltanto per placare di volta in volta questa o quella “minoranza, che l'”Apocalypto” di questo dio minore ma crudele finirà.

Le vittime, come in tutti i sacrifici umani, sono sempre innocenti, come innocente era il tifoso del Genoa accoltellato a Marassi, come lo era il commissario Raciti, come lo era Paparelli, come lo era Sandri e se un agente di polizia è colpevole di omicidio involontario, la legge lo deve investigare e, se responsabile, punire. Ma non sono innocenti coloro che dall’alto di cattedre pubbliche, studi televisivi e pacchetti azionari aizzano la paranoia dei tifosi rimestando utili (a loro) campanilismi, come se una squadra formata da nomadi latino americani, slavi, africani, scandinavi incarnasse l’onore del mio villaggio.

Lamentando torti e angherie arbitrali, anche di fronte all’evidenza che la squadra ha giocato malissimo e i giocatori sbagliano sempre almeno cinque volte più degli arbitri. Menando moviole avanti e indietro in un continuo frullato di parole e di battute e di sospetti incorporei che qualche idiota prenderà sul serio mentre loro, i sacerdoti del calcio, contano i soldi, i crediti e la fama, senza prendere sul serio quello che dicono. Tanto, dicono, è “un gioco”.

L’industria del calcio professionistico italiano è marcia, ed è un miracolo se, al contrario del classico luogo comune, c’è qualche mela sana nel cesto. E non venite a menarcela con il “malessere sociale” che gli omicidi da tifo produrrebbero, perché malesseri sociali e passione sportiva abbondano e convivono in tutte le nazioni del mondo, senza che regolarmente, periodicamente, si arrivi a lutti e strade in fiamme.

Il calcio italiano è una creatura corrotta, che neppure i fino troppo comodi esorcismi del Moggi di turno, possono sanare, perché Moggi fu l’espressione più sfacciata, non la causa, della corruzione di un mondo incapace di diventare un’autentica industria, che si è trovato improvviamente investito da un’alluvione di soldi che non era in grado di gestire per offrire al pubblico un prodotto complessivo credibile ed equilibrato.

Dove la sola cosa che conta non è “il calcio”, ma fottere il presidente o il club “nemico”. Se queste “minoranze” si sentono in diritto di pestarsi, aggredirsi, attaccarsi fuori dagli stadi o lungo le autostrade, è perché esse si sentono le “ronde” calderoliane, i “vigilantes”, i protettori delle proprie squadre, i giustizieri di un mondo nel quale, tra bilanci falsi, cambiali farfalla, compravendite di brocchetti valutati come Ribot, dirigenti senza potere e maneggioni onnipotenti, giustizia non esiste.

Fuorilegge con il passamontagna e il lanciarazzi tra i fuorilegge in sciarpa di pashmina seduti in tribuna d’onore. Cellule malate di un organismo malato che deve essere distrutto, se vuole essere ricostruito.

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