Ironico leggere questo articolo sul Corriere di oggi.
Incredibilmente, mi trovo proprio a Seattle, nello stato di Washington, dove è nato il mito di
Starbucks. UPDATE Le foto che vedete sopra le ho scattate io, nel primo Starbucks, aperto nel 1971. Ero a 5 minuti a piedi FINE UPDATE. Chiunque ci sia stato, magari apprezza i beveroni offerti e ci va ogni volta che può (Caramel Macchiato sempre per me) ma non può fare a meno di storcere il naso, quando in tutto il mondo il nostro latte macchiato, viene storpiato due volte: una nel nome, “latte” e una nel gusto, un beverone superdolce appunto. Il 99% degli stranieri che va da starbucks non sa nemmeno che latte vuol dire “quella sostanza bianca che producono le mucche”.
Starbucks, secondo questo articolo, non arriverà mai in Italia, per rispetto e umiltà…
Ma quanno mai!!!!!
Quanto durerà la farsa?
Rispetto e umiltà non mi sembrano due qualità che si addicono molto alle corporations awanagana…
In Italia niente «frappuccino»
«Gli italiani sono fissati sulla caffeina» scrive Il Financial Times e amano i loro ’baristi’
ROMA – Niente approdo in Italia per la maxi catena di caffetterie Starbucks, costretta a «inchinarsi ai baristi italiani»: lo scrive il quotidiano economico Financial Times. La penetrazione commerciale dello spacciatore di ’frappuccini’ e ’lattes’ è arrivata in Giordania, Russia, Egitto, in totale 43 paesi al mondo. L’Italia manca all’appello. Perché gli italiani sono fissati sulla caffeina, scrive Adrian Michaels, e amano i loro ’baristi’.
Ma il punto secondo Michaels non è che i bar italiani offrono un prodotto migliore o più vario (entrambi affermazioni discutibili di fronte alla gamma dei prodotti Starbucks, e sui gusti non si discute). Il punto è che la catena in Italia incontrerebbe una concorrenza serratissima (quale non esiste in nessuna altra parte del mondo) senza poter offrire prezzi competitivi. «Un espresso in Italia costa di solito meno di 1 euro, un doppio espresso da Starbucks a Parigi costa 2 euro e il singolo non esiste» nota l’articolista.
Gli italiani poi sono abituati ad avere la loro tazzina in pochi secondi: gli operatori Starbucks dovrebbero muoversi più in fretta. E poi muoversi in Italia per le multinazionali «è storicamente difficile». Sia come sia, l’idea di Starbucks sarebbe nata proprio da un viaggio in Italia secondo Howard Schultz, «l’uomo più connesso al successo» della catena. E la compagnia sostiene: «Se non siamo in Italia è per una questione di umiltà e rispetto. Non perché l’Italia non sia una priorità strategica». Insomma, per avere un «frappuccino», bisognerà continuare ad andare oltre confine.